Majlinda Kelmendi stavolta la bandiera ce l’ha. Quattro anni fa, per Londra, era qualificata, ma ancora poco prima della cerimonia di apertura non sapeva per chi avrebbe partecipato. Perché lei è del Kosovo. Se ne era parlato qui, del tutto casualmente allora come ora esattamente a -64 giorni dal via.
In un certo senso allora aveva avuto fortuna, perché prima di Londra solo 5 federazioni internazionali riconoscevano il Kosovo, a qualche suo collega di altre discipline era andata peggio, per le loro federazioni non esistevano. L’organismo che governa il judo planetario invece era tra quelli che davano diritto di partecipare al Kosovo, così lei si era qualificata. Il problema era che, non essendo uno stato membro dell’Onu, il Kosovo a Londra non poteva esserci. E quindi ci fu tutta una questione. Sembrava che Majlinda dovesse partecipare come atleta indipendente, come era successo a quattro nazionali di East Timor a Sydney 2000, e agli allora jugoslavi a Barcellona 1992. Alla fine Majlinda partecipò per l’Albania. E disse: “Per me non è un problema, tanto tutti sanno che io sono quella del Kosovo”
Nel frattempo suno successe tante cose. Il Kosovo è diventato uno stato indipendente. E lei ha vinto un Mondiale (nel 2013 proprio a Rio: bel presagio), due Europei e svariati Grand Slam e Grand Prix. Così che nel 2014 è stata nominata miglior judoka al mondo considerando tutte le categorie. Il 9 dicembre dello stesso anno il Cio ha ufficialmente riconosciuto il Kosovo, che è così entrato nella famiglia olimpica.
Quindi: quattro anni fa non sapevano che bandiera darle, e non si ponevano il problema di che inno suonare se mai avesse dovuto vincere l’oro. Adesso è una eventualità da tenere in conto. Con tanti saluti all’Albania che – come ricordato nel post di qualche giorno fa – è tra i Paesi che non hanno mai conquistato nemmeno una medaglia.
In tutto il mussulmano Kosovo porta a Rio tre atleti, tutte donne, oltre a Majlinda nei -52kg, Nara Gjakova, anche lei nel judo (-57kg), e Urata Rama, nel tiro a segno.
Majlinda Kelmendi, ovviamente, la sua bandiera la porterà nella cerimonia di apertura: se l’è meritata come nessun altro.
